domenica, novembre 30, 2008

La riproduzione casuale degli eventi

Il lettore musicale restituisce il ritmo al mio corpo ma la sua musica appena arttraversa le mie orecchie, senza posa nella mente. Le parole delle canzoni son prive di significato mentre mi bagno la testa con il sudore delle righe del quotidiano che invece narrano la realtà.
Pensavo che non avrei mai potuto prevedere il giorno prima, quello che avrei poi letto sul giornale il giorno dopo, se ovviamente non ne avessi percepito in anticipo l'essenza tra le parole rubate dalle pagine altrui o dalle puntate televisive di trasmissioni distrattamente accese.
Allo stesso modo non avrei mai saputo un minuto prima il pezzo che l'algoritmo di selezione casuale del mio lettore musicale avrebbe riprodotto un minuto dopo fra le 10000 canzoni contenute nella sua memoria.
In un certo senso gli eventi, cosi come le canzoni, vengono selezionati e si compiono secondo un ordine di selezione casuale...
Questo pensavo mentre mi accingevo a farmi consumare di sdegno dall'articolo di prima pagina,
la guerra di Bombay,
il sangue della gente,
il sangue impazzito che per un disegno imprevedibile ed irrazionale scappa fuori dalle membra quotidiane e schizza turbolento verso le nuove superfici del di fuori.
Il mio sangue invece pompa nelle vene al ritmo della musica casuale, mi sottopongo alla fatica artificiale della palestra e nelle pause continuo a leggere...
Nessuno conosceva il destino,
come io non potevo prevedere il pezzo successivo,
nessuna vittima conosceva quello a cui sarebbe andato incontro e nessun giornalista poteva prevedere ciò di cui avrebbe scritto, quale notizia aassurda avrebbe dovuto inseguire, quali tracce avrebbe dovuto scovare...
Allo stesso modo io non potevo prevedere i pezzi che il mio IPOD avrebbe selezionato e, quando è iniziata la canzone "bye bye bombay" ,lo stesso sangue di prima si è congelato, d'improvviso, restando appeso alle colonne dell'articolo, come il mio ingrippandosi nei muscoli ancora caldi ma ormai increduli e immobili...

Sai Mimì che la paura è una cicatrice
Che sigilla anche l'anima più dura
Non si può giocare con il cuore della gente
Se non sei un professionista, ma ho la cura


Forse la casualità degli eventi ha un rapporto deterministico con la concatenazione di cause ed inevitabili effetti, ma allo stesso tempo la simmetria delle coincidenze, la più grande e spaventosa con la più piccola ed ininfluente, ci comunica che la vita è determinismo e poesia.

venerdì, novembre 14, 2008

Il potere banale

Quando un capo decide di restare in carica cerca di fare in modo che gli altri non si occupino del suo potere, se non nei suoi aspetti più futili e nelle inezie del quotidiano che lo rendono più umano.

Questa cosa non la pensavo solamente in relazione ai fatti contingenti, agli episodi che quotidianamente ed in maniera abbastanza ininfuente riempiono le giornate di questa giovane Italia, la pensavo bensì come una regola in qualche modo standardizzata ed assolutmente perseguita dal potere; con lo scopo forse occultare il potere stesso, umanizzandolo.

Il modello del capo ormai si discosta in maniera definitiva dal Marchese del Grillo che dice "io sò io e voi non sete un cazzo!"
Adesso il potere è simpatico, umano, incontra i suoi sottoposti,
fa bagni di folla nel suo elettorato, fa le corna nelle foto, fa battute fuori luogo,
ti fa entrare nella sua famiglia, ti mostra le sue debolezze per farle apparire simili alle tue.
Adesso il potere si mostra nudo e vulnerabile, il capo chiede il perdono, chiede consenso, chiede fiducia...
in questo modo l'uomo qualunque sente di avere un peso, un potere determinante nelle future scelte dell'azienda in cui lavora, sente che un sacrificio sia in qualche modo dovuto, si sente al centro di un ciclo produttivo che in realtà lo schiaccia.
Sente di doversi mettere l'abito buono per rappresentare in ogni momento nella maniera più adeguata il buon nome della propria patria, del proprio partito o della propria azienda.

Si organizzano grandiosi meeting, mega party in cui su ogni sedia e su ogni banco appare il nome di ognuno, come se tutti realmente percepissero equamente gli stessi benefici derivanti dall'attività che li vede coinvolti.

Non esistono grandi famiglie allargate, non esistono rapporti confidenziali con il capo, non esistono pacche sulle spalle, battute comandate e risate dovute,
quello che esiste è il potere che spesso non si può umanizzare e ancora più frequentemente non ha nulla a che fare con il ruolo tecnico che dovrebbe esercitare nell'interesse degli stakeholders.

Siamo tutti laureati, siamo tutti colleghi, siamo tutti benestanti, siamo tutti antirazzisti, siamo tutti capitalisti, siamo tutti studenti, siamo tutti cattolici,
siamo tutti padri e madri e belle famiglie, siamo tutti multietnici, siamo tutti flessibili, siamo tutti precari, siamo tutti idealisti, siamo tutti imprenditori...
siamo tutti uguali, questo lo sappiamo!
Ma non ci prendete in giro,
conserviamo anche la certezza che, in Italia,
noi siamo noi e
voi sapete benissimo che non saremo mai un cazzo!

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momo ed io non siamo molto compatibili ma dobbiamo rassegnarci a convivere.