venerdì, febbraio 29, 2008

E la morale?


Insomma nel bosco ci stavano le formiche e le cicale.
Le formiche lavoravano tutto il giorno, schioppandosi un sacco di strada, arrampicandosi ovunque senza protezione e trascinando fino al formicaio le briciole che il bosco lasciava loro.

Le cicale passavano la giornata a non fà un cazzo, quando c'avevano fame andavano alla casa delle formiche, che tanto stavano tutte in fila a lavorare, e se fregavano il cibo che queste avevano messo da parte; tutto il resto del tempo si mettevano sugli alberi a cantare, scandendo, con il loro ritmo autistico, il tempo a tutti gli esseri del bosco.
Alla sera osservavano stupide le vite degli altri passare sotto le luci a neon.

Sempre più spesso le formiche morivano, schiacciate dalle briciole, cadendo dagli alberi o sotto la puzza del baigon. Cosicchè un giorno cominciarono ad incazzarsi e organizzandosi in sindacati, indissero uno sciopero.
Le formiche da quel giorno iniziarono a mangiare le briciole che gli bastavano alla sopravvivenza non mettendo più nulla da parte. Alla sera in compagnia delle cicale affamate, iniziarono a guardare la vita degli altri che passava sotto le luci al neon.

Le cicale dal canto loro, non trovarono più sostentamento nelle risorse ormai esaurite delle formiche e con il tempo, smisero di cantare e la sera, stanche e prive di energia si addormetarono.
Le formiche, che apprezzavano sempre di più la vita notturna, non furono più in grado di riprendere il lavoro e mangiarono tutte le cicale morte.
il bosco in breve tempo perse il suo ritmo autistico e la vita si spense...


MA ALMENO STE CAZZO DE CICALE NON RUPPERO PIU' I COGLIONI!

domenica, febbraio 17, 2008

Matrix



Muore un ragazzo 15enne curdo durante una manifestazione per chiedere il rilascio del leader del PKK Ocalan. La polizia turca afferma che è stato ucciso da un sasso lanciato dai manifestanti...

Da quando Momo ha deciso di prendere la pillola rossa sperimenta dei continui dejaVù.

sabato, febbraio 16, 2008

Dice...



Enzo Biagi lasciò la Rai per ottenere una elevata liquidazione
"Mi sono battuto perché Biagi non lasciasse la televisione, ma alla fine prevalse in lui il desiderio di poter essere liquidato con un compenso molto elevato"
Le figlie di Biagi hanno replicato:
'Una "ignominia", una "falsità" contraddetta da carte che possono documentare tutto'

Traduzione: SUCA!

giovedì, febbraio 14, 2008

Il caffè - Conclusione

Ho pensato a lungo a come far avvenire l’incontro di Malcom con la Sig.na DeMinchis e Barbie cinese, rispettando i ruoli rappresentati dai tre personaggi de “il caffè”…
Nella mia testa stamattina quest’incontro me lo so immaginato così:

Momo veste col il vestito gessato elegante, il vestito della domenica direbbe lui!
Pero non è domenica e lui quella mattina cerca lavoro, come molte mattine da un anno a questa parte.
Dopo il colloquio di quel giorno alla sFIgAT di Torino, mentre aspetta un treno che lo riporti a Milano, Momo legge le notizie che vengono dalla Thyssen e mangia una pizza di plastica da 5euro.
Il pensiero è ai suoi capelli:

“vale la pena attaccarsi al diritto di apparire rasta in un Italia che non riconosce ai lavoratori nemmeno il diritto a lavorare in sicurezza?”

Questa cosa pensa Momo mentre costata che altre persone più sfortunate avrebbero anche cambiato la propria nazionalità o il colore della pelle pur di accedere alla categoria lavorativa in cui lui un giorno si sarebbe neutralizzato…

Di ritorno a Milano, Momo entra nel primo baretto della stazione della metropolitana e ordina un caffè alla cameriera cinese…
Al bancone del bar, più in là rispetto a lui, c’era la sign.na De Minchis.
Momo ancora non sapeva che un giorno l’avrebbe coinvolta in questa storia, nemmeno la signorina lo pensava né tuttora lo immagina; la vicenda accaduta in effetti rappresentava per lei solo una storia di ordinaria discriminazione…

Quando Malcom arriva nel bar, pensa ancora alla sua bancarella, forse si pente di averla lasciata 10 minuti incustodita, forse pensa che avrebbe volentieri fatto l’elemosina al disgraziato che avrebbe trovato il coraggio di rubare ad un altro disgraziato come lui.
Nel momento in cui Malcom si avvicina al balcone e sta per ordinare il suo caffè, la sig.na De Minchis repentinamente si ritrae e prende con se la sua borsa come a proteggerne il contenuto.
Malcom che nella vita ha sempre dovuto ingoiare l’amarezza, questa volta sbotta:

“signora stia tranquilla non voglio i suoi soldi! Sono qui per un caffè!”

“Ma come le viene in mente! Io non ho detto nulla, già è tanto che Ti ospitiamo in Italia Noi e ti permetti pure di rivolgerti in questo modo invece di ringraziare…”

“Signora lei si è presa la sua borsa con entrambe le mani, le ripeto che non penso di derubarla”

La Sig.na De Minchis ritenendosi ancora molto virtuosa nonostante la profezia del suo parroco, decide di avere pazienza e inizia ad ignorare quest’uomo nero e le sue parole.
Barbie cinese, da dietro il bancone, poggiando il terzo caffè interviene sull’uomo nero:

“Ehi tu lascia stale i miei clienti!”

Malcom a quel punto non ci vede più:
“E PERCHE’ IO COSA SONO?!”

Momo gli da ragione mentre esce dal baretto, pensando che quella a cui ha assistito non è una scena come un’altra anche se è una scena ordinaria,
queste sono storie di ordinaria discriminazione dell’Italia di oggi…
e non si può mai prendere un caffè in pace!

giovedì, febbraio 07, 2008

Il caffè - Barbie cinese



Barbie cinese,
lavora a Milano in un bar della stazione della metropolitana;
Si ritiene fortunata perchè dopo tanti stenti finalmente ha trovato un lavoro regolare e ha visto riconoscersi il suo diritto alla sopravvivenza.

la sua vita non è mai stata facile.
Si mise in viaggio qualche tempo fa per scoprire l’occidente, terra verso cui molte sue amiche si erano proiettate negli ultimo ventennio.
dicevano che avrebbero trovato case da sogno, mariti muscolosi e fedeli, macchine lussuose, cani di razza a guardia della loro proprietà privata.
Il mondo occidentale per loro ha sempre rappresentato la vita ideale per sfuggire alla oppressione ed alle condizioni di vita in cui erano state costrette a vivere fino a quel momento.
Barbie cinese dal canto suo non cercava, partendo, di trovare chissà che cosa,
il suo pensiero era completamente catturato dal pericolo che, dopo l’aviaria, aveva maggiormente spaventato i suoi concittadini. Barbie cinese aveva paura che la Mattel le avrebbe prodotto dei figli dagli occhi inabili a causa delle contaminazioni di piombo e metalli pesanti.
"se ploplio devono avele li occhi a mandolla (che a me non piaciono!), almeno siano sani!".
Con questa preoccupazione è partita alla volta della sua vita da sogno nella casa da sogno di Barbie.
Appena arrivata si è resa subito conto che quello che si diceva sulla vita nella società capitalistica non corrispondeva esattamente allo stereotipo che questa stessa società esportava di sé.
La casa da sogno in realtà era un palazzo sventrato dalle bombe degli eserciti in miniatura, all’interno del quale alloggiavano decine di persone tra cui mazinga, goldrake e una serie di altri individui di altre razze. Tutti erano stati abbandonati ora che la playstation la faceva da padrone.
Il principe azzurro Ken era costretto a vendere giornali ai semafori e solo quando ha cominciato a perdere i capelli Barbie cinese ha iniziato a intuire che fine avesse fatto il suo pene.
La macchina di lusso aveva perso una ruota e lì dentro, da quel dì, ci viveva stabilmente un cane da guardia di razza pechinese con le zampe a pallini di lana e il corpo completamente rasato; da quando gli avevano strappato via la testa non aveva più il coraggio di farsi vedere in giardino e la casa di barbie cinese era diventata una casa d’appuntamenti dove anche ‘barbie naziskin’ e ‘barbie culo in faccia’ risiedevano senza pagare alcuna pigione.
Il timore di essere buttata via nella scatola dei "giocattoli per i bambini poveri" da subito ha fatto si che barbie cinese di rimboccasse le maniche e si dedicasse per 12 ore al giorno al suo impiego alla stazione di S. Donato milanese.
Quel pomeriggio di settembre, come ogni pomeriggio, stava scaldando pizzette e facendo caffè agli impiegati in transito.

venerdì, febbraio 01, 2008

La giusta distanza dell' Afrika korp




Stamane Momo osservava una di quelle aiuole che si trovano sul ciglio delle strade,
più che aiuole sono dei quadrati di terra esentati dal cemento.
C'erano delle piantine spontanee, tutte simili, ma nessuna uguale all'altra chè nessuno era andato lì a potarle o sistemarle come si deve;
Pensava che probabilmente all'inizio ce n'era una sola di ste piantine qua nell'aiuola, poi con il tempo si è formata una colonia che ha occupato tutto lo spazio a disposizione, ed ogni piantina appena nata si è andata a disporre nello spazio circostante, mantenendo sempre la giusta distanza dalle altre che l'avevano preceduta.
La giusta distanza serve alle piantine per avere lo stesso accesso alla terra all'acqua e alla luce del sole. E non è che le piantine abbiamo i sensi per rendersi conto che i loro familiari sono tutti li intorno, nemmeno ce li hanno per sistemarsi, mentre spuntano dal terreno, alla distanza corretta; loro lo fanno semplicemente perché è naturale che accada in questo modo.
E quando si vedono i giardini signorili con le piantine tutte uguali, tutte sistemate a schiere, tutte oppresse l'una dai germogli dell'altra, tutte in riga...beh questo a Momo non piace! E' innaturale.


La stessa cosa Momo pensava che dovrebbe accadere per l'uomo.
E' innaturale quando gli uomini si mettono in riga, quando si allineano, quando sono costretti ad apparire sovrapposti e identici per creare una visione d'insieme, una coreografia e non si apprezza più la qualità del singolo.
E' innaturale quando sono costretti a vivere uno addosso all'altro e quando non gli viene riconosciuta, per così dire, la giusta distanza.

Archivio blog

Info

momo ed io non siamo molto compatibili ma dobbiamo rassegnarci a convivere.